Impossibile non citare Italo Calvino: i classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: “Sto rileggendo…” e mai “Sto leggendo…”. Chi mai, fra persone cosiddette di cultura, ha il candore di ammettere che sta leggendo, per la prima volta nella vita, e magari passato il mezzo del cammin della sua vita, un classico? Del resto il bello dei classici è che in qualche modo li abbiamo letti anche senza averli letti. La loro grandezza riverbera nelle opere altrui ma soprattutto di che parlano, quale sia la grande idea che si cela dietro ognuno di essi, è un’informazione che è facile intercettare. Dei romanzi, esistono gli adattamenti cinematografici e le citazioni che vi si intrecciano. “Ho fatto un corso di lettura veloce, ho imparato a leggere a piombo, trasversalmente la pagina, e ho letto Guerra e pace in venti minuti. Parla della Russia”. I grandi capolavori della storia del pensiero li abbiamo incontrati, senz’altro, in un qualche manuale e ai più audaci i ricordi del liceo bastano ad assicurare una conversazione “in società”, se mai ve ne fosse il bisogno, su Hegel, Kant, Marx. O Adam Smith.
Pensiamo a un’altra delle definizioni di “classico” data da Calvino. “Di un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima”. La ricchezza delle nazioni è un tomo da 1260 pagine nell’edizione Utet, due volumi per complessive 1110 pagine nell’edizione di Glasgow ristampata dal Liberty Fund di Indianapolis. E’ inevitabile che anche il lettore più attento qualche pagina la legga “trasversalmente” e altrettanto inevitabile è che lo si legga alla ricerca di qualche cosa che pensiamo sia rilevante per il nostro oggi, finendo per trascurare ciò che le sta attorno. Se nella Ricchezza cercate, per esempio, solo alcune idee fondamentali per la teoria economica successiva (che stanno grosso modo nei primi due libri), vi perdete con tutta probabilità il meglio. La Ricchezza non è un testo uniforme, è costruita sulla base di una logica chiara e che risalta dalla scansione di libri e capitoli, ma Smith alterna registri diversi, mette ordine negli assunti della teoria economica dei suoi tempi, propone delle ipotesi e gioca a dimostrarle con il lettore, talvolta indulge nel reportage storico. L’impressione che se ne ha è di un grande pensatore che pensa mentre scrive e in qualche modo le pagine si susseguono come uno svelarsi anzitutto del suo modo di ragionare.
Per questo, nella Ricchezza delle nazioni si trova sempre qualcosa di nuovo, ogni volta che capita di riaprire un capitolo si coglie una sfumatura, una parola, un accenno che in precedenza si era nascosto alla nostra vista. I classici si comportano così. Per apprezzarli appieno, è bene avere una guida, qualcuno che conosca a fondo il testo e che si metta a disposizione per aiutarci a orientarci.
Maria Pia Paganelli l’ha fatto scrivendo una Guida alla lettura della Ricchezza delle nazioni, che sarà disponibile a giorni per IBL Libri, le edizioni dell’Istituto Bruno Leoni. Maria Pia ha studiato alla Cattolica e poi alla George Mason University di Fairfax, Virginia, e da anni passa le sue giornate immergendosi nel pensiero di Smith, che è il suo autore di riferimento. Insegna a Trinity University (San Antonio, Texas) ed è oggi Presidente della History of Economics Society e anche della International Adam Smith Society. Quest’anno, in occasione dei trecento anni dalla nascita di Smith, ha girato il mondo per raccontarlo e sarà anche a Milano il 18 dicembre, quando presenteremo all’Istituto Bruno Leoni il suo libro.
Nel primo capitolo della sua Guida, spiega:
sin dal titolo, Smith incarna lo spirito di indagine e di scoperta del suo tempo. La ricchezza delle nazioni non è un Trattato, non è una Teoria, non consta di Principi e non è nemmeno un Sistema. È un’Indagine.
La lettura della Ricchezza delle nazioni che suggerisco in questa Guida è duplice. A mio avviso, Smith offre una giustificazione morale della ricchezza e in questa giustificazione della ricchezza assegna la priorità alla morale piuttosto che all’efficienza. L’analisi di Smith è nondimeno scientifica ed empirica: Smith identifica la natura umana come immutabile e l’ambiente in cui le persone vivono come variabile, implicando così che i caratteri e i comportamenti debbano variare in conseguenza di queste variazioni. Smith sottolinea che quanto vediamo comunemente non corrisponde necessariamente a ciò che è; osservazioni empiriche accurate e l’uso della ragione ci permettono di estrarre regolarità che formano teorie da sottoporre a test usando la storia. Applicando queste idee alla comprensione della ricchezza, apprendiamo che, anche se il denaro sembra ricchezza, non lo è, e politiche che sembrano essere vantaggiose per una nazione non lo sono.
Per Paganelli, Adam Smith si chiede: “le domande che Smith si pone sono interessanti anche per noi e continueranno a esserlo in futuro”. Questo non solo perché Smith si chiede “come potrebbe essere un sistema giusto che, nello stesso tempo, promuova il benessere dell’umanità” ma perché lo fa conoscendo bene e sottolineando “la natura imperfetta e non perfettibile della specie umana”. Ciò spiega anche le tante digressioni, le notazioni apparentemente casuali, l’interesse per il dettaglio che punteggiano tutta l’opera smithiana. E fra le quali Maria Pia Paganelli ci guida con mano sicura, in questo libro che è utile per chi il capolavoro di Smith l’ha letto e vuole rileggerlo e a maggior ragione per chi dice “lo rileggerò”, per annunciare che lo prenderà presto in mano per la prima volta.
Maria Pia Paganelli, La ricchezza delle nazioni. Una guida alla lettura (2020), Torino, IBL Libri, 2023, pp. 304.