Giulio Giorello è venuto a mancare nel giugno del 2020. Era una figura importante nel panorama culturale italiano, e anche una figura rasserenante. A differenza di tanti intellettuali pubblici che ci tengono al proprio cipiglio, Giorello scriveva di Tex e Popper, e forse negli ultimi anni con più piacere di Tex che di Popper. Sta agli specialisti ragionare dei suoi contributi scientifici. A noi resta un ricordo d’altro tipo. Giorello apparteneva a un’epoca nella quale le cosiddette “firme” dei giornali erano dei compagni di vita, degli interlocutori a distanza. Il Giorello pubblicista era un inesausto curioso che riusciva a incuriosire chi lo leggeva. Ce ne fossero.
Questo La danza della parola è un libro scritto per il largo pubblico, a cui Giorello si propone non di spiegare ma di raccontare le ragioni che fanno dell’ironia una “arma di costruzione di massa”.
L’ironia, diceva Aristotele, è il contrario della millanteria: si esercita contro coloro che credono, o vogliono far credere, di sapere più di ciò che le nostre facoltà ci consentono.
Giorello è d’accordo: l’ironia serve a infiltrarsi con “domande impertinenti” in qualsiasi fortezza di assunti e certezze.
Ma sarebbe sterile, se si limitasse a distruggere. L’ironia non si accontenta, dunque, di radere al suolo le fortezze di sabbia che man mano gli esseri umani costruiscono; invece, sa edificare lei stessa nuovi castelli, a patto che si sia consapevoli che questi sono veri e propri castelli in aria.
L’ironia è conscia che le proprie costruzioni non hanno quel carattere perentorio che vari altri prodotti dell’immaginazione umana pretendono per sé: sono fragili, sono friabili, sono quasi sempre rovesciabili. Per di più, l’ironia non è soltanto un’arma che utilizziamo per liberarci di quel che gli altri vorrebbero imporci; dobbiamo anche essere capaci di riconoscere non solo che altri possano esercitare l’ironia contro le nostre costruzioni, ma che possiamo noi stessi essere ironici nei confronti di quello che ironicamente produciamo. E questo vuol dire che si può aprire una sorta di processo infinito: ironia sull’ironia, ironia sull’ironia sull’ironia, e così via.
Giorello dedica buona parte del libro ai fumetti, alle storie di Topolino, Paperon de’ Paperoni (una rappresentazione “ironica” del capitalismo: un accumulatore seriale di monete d’oro ma anche l’impresario delle avventure più funamboliche), Tex. Cita Keno Don Rosa, grande cantore dell’epica paperopolese: “che non voleva vedere i suoi Paperi come degli esseri di un mondo immaginario; al contrario intendeva prendere tipi ‘papereschi’ ma ‘umani’, ispirandosi alla popolazione americana dagli anni Cinquanta in poi”. La Paperopoli che guarda con ammirazione a Paperone, e fastidio allo sfaticato Paperino, è intrisa di puritanesimo, temperato dal frequente ricorso al sorriso, delicatamente preso in giro e forse proprio per questo meglio inquadrato, e apprezzato, nei suoi tratti fondamentali.
Giorello era convinto che l’ironia fosse un’arma civile per combattere ogni “involuzione totalitaria”, che ha “un bisogno essenziale di schemi, categorie e istituzioni rigide”. Se le nostre società aperte sono state battezzate da quel “modello coraggioso di ricerca e di rispetto della verità” che è il metodo scientifico, il rifiuto del dogmatismo richiede la capacità di non prendersi mai troppo sul serio. Capire la provvisorietà delle verità che intrecciano il selciato delle nostre vite dovrebbe aiutarci a vivere senza l’ansia di un senso di missione e col gusto, ogni tanto, di prendere in giro persino le idee che ci sono più care.
L’ironia accompagna la storia della filosofia e in particolar modo quella dello scetticismo filosofico: come strumento di autodifesa, necessario per fare passare idee scomode superando censure e pregiudizi, ma anche come indispensabile aiuto per diluire dogmi pericolosi. Di ironia e filosofia (da Bayle a Marx: sei illustri pensatori raccontati da importanti studiosi) si parla anche in una serie d’incontri che prendono avvio lunedì presso l’università IULM, a Milano.
Giulio Giorello, La danza della parola. L’ironia come arma civile per combattere schemi e dogmatismo, Milano, Mondaodri, 2019, pp. 110, euro 17.