Un importante filosofo cattolico, anni fa, diceva con un sorriso che per comprenderlo davvero bisognerebbe prima tradurre Antonio Rosmini (1797-1855) in inglese, per poi ritradurlo. La prosa di Rosmini, che pure sul tema dava ottimi consigli al suo amico Alessandro Manzoni, risulta se non impenetrabile senz’altro ostica al lettore contemporaneo, che di conseguenza tende a snobbarlo, a ridurlo a una nota a pie’ di pagina della storia del Risorgimento. E’ un peccato. L’ostilità dei gesuiti e la complessa vicenda col Sant’Uffizio, fino alla tardiva “riabilitazione” durante il pontificato di Wojtyła, è materia appassionante, che dovrebbe essere sufficiente ad accendere l’interesse per il sacerdote di Rovereto. Invece questo accade sempre più di rado. Non sarà solo a causa della rugginosa scrittura rosminiana ma quest’ultima con tutta probabilità fa la sua parte.
Un tentativo di ovviare al problema è rappresentato da quest’edizione della Filosofia della politica curata da Fernando Bellelli, che è un’edizione “in italiano corrente”. La forma è semplificata, sia pure con grande attenzione, perché nulla sfugga della sostanza.
La Filosofia della politica rosminiana è un testo importante, è un tentativo di “fare pace” con la Rivoluzione francese, evitando di sintonizzarsi sul vecchio principio di legittimità e invece investendo sugli elementi liberali del mondo nuovo. I “diritti dell’uomo e del cittadino” sono riletti alla luce del principio personalista, per cui “la persona è il diritto sussistente”: “rispettare dunque la persona col dire non fare nulla di contrario alla sua dignità personale, sia relativamente a quella parte di dignità che è già stata conseguita, sia relativamente a quella che la persona tende a conseguire”.
La seconda parte del libro è un ragionamento sulla società e il suo fine, a partire dall’esperienza classica e dell’età cristiana. Il testo è ricchissimo e, in questa sede, si possono giusto sottolineare un paio di questioni. Rosmini individua nel “diritto che ciascun uomo possiede al proprio appagamento morale e alla propria felicità” un diritto “inalienabile” ma nega che questo appagamento possa essere regolato dai governi. In un sistema liberale, il politico non può “dare” la felicità ai sudditi ma può metterli in condizione di provare a conseguirla, ciascuno per sé.
Il roveretano è ben consapevole di come un regime democratico possa covare il proprio declino: le masse si corrompono, diventano nuovamente selvagge, smarriscono il lume della ragione per avvitarsi in un delirio permanente, si dividono fra dediti all’incredulità (potremmo forse dire: cinici) e dediti alla superstizione. Il senso religioso, nel mentre, è scomparso ma con esso pure la ragione. La corruzione è il trionfo pubblico dell’emozione, dell’immediatezza, su tutto il resto (vi ricorda qualcosa?). Rosmini si pone il problema di dove stiano “le migliori garanzie che si possono avere contro gli abusi dei governanti” e le trova nell’educazione dei singoli: una educazione che associa al prevalere del Cristianesimo, spiegando, fra le altre cose, come mentre il mondo classico “apprezzava le conoscenze per quello che potevano servire al fine prossimo delle sue società” è il Cristianesimo che “colloca la scienza al di sopra dei tutti beni temporali”. Il Cristianesimo “salva le società umane” perché si rivolge “agli individui e non alle masse”.
E’ in questo lavoro che Rosmini sferra il suo attacco al “perfettismo” ovvero “il sistema che crede possibile la perfezione nelle cose umane e sacrifica i beni presenti a una ipotetica perfezione futura”, un “frutto dell’ignoranza” che si basa su un giudizio troppo favorevole sulla natura umana “per pura ipotesi”. Proprio la consapevolezza della nostra imperfezione suggerisce cautela e prudenza, moderazione nell’arte del governare, una chiara limitazione del campo della cosa pubblica e diffidenza per le diverse forme di “salvazionismo” politico.
Più facile a dirsi che a farsi. Se ci guardiamo attorno e pensiamo alle polemiche di questi giorni, è abbastanza evidente che l’idea di politica come strada verso una qualche “salvezza” è uno dei pochi, autentici tratti bipartisan delle società in cui viviamo.
Antonio Rosmini, Filosofia della politica, a cura di Fernando Bellelli, nota editoriale di Raimondo Cubeddu, Siena, Cantagalli, 2021, pp. 400.