Chi ha visto la serie The Marvelous Mrs. Maisel avrà incontrato in un paio di episodi Jane Jacobs, gli occhiali tondi premuti sul naso, sempre infervorata contro Robert Moses, lo zar dell’urbanistica newyorkese. Jacobs salvò il suo Greenwich Village e Soho, a New York, dalle ambizioni di Moses, che avrebbe squadernato il paesaggio urbano. Si opponeva ai tentativi di riprogettare la città dall’alto, sulla base di scelte che per quanto apparentemente allineate a un catalogo di priorità note ai pianificatori erano distanti dai bisogni concreti degli abitanti della città.
Uno dei libri di Jacobs, Vita e morte delle grandi città, è giustamente riconosciuto come un classico ma non è l’unica cosa interessante che abbia scritto. The Economy of Cities è un piccolo testo illuminante, nel quale propone una tesi analoga a quella avanzata da Adam Smith nel terzo libro della Ricchezza delle nazioni circa il sovvertimento dell’ordine naturale delle cose, nella marcia dell’Europa dei suoi tempi verso l’opulenza. Ovvero, Jacobs sostiene che non è la città a essere il frutto dello sviluppo delle campagne ma viceversa, in ragione del ruolo che essa gioca come piazza commerciale e spazio del mercato.
Questo è l’ultimo libro di Jane Jacobs ed è un testo intriso di pessimismo. La prognosi dell’autrice era (il libro è di quasi vent’anni fa) quella di una “prossima età oscura”, nella quale i Paesi occidentali perderanno il contatto con la propria cultura. E’ sorprendente come molte delle sue osservazioni suonino contemporanee: o perché ci sembra sempre di essere a un passo dall’abisso, o perché alcuni trend, oggi consolidati, risalgono all’inizio degli anni 2000.
La scrittura, la stampa e Internet danno un falso senso di sicurezza sulla sopravvivenza della cultura. La più parte dei milioni di dettagli di una cultura complessa e viva non viene trasmessa né per iscritto né per immagini. Le culture vivono invece attraverso il passaparola e l'esempio. Ecco perché ci sono corsi di cucina e spettacoli di cucina, al pari dei libri di cucina. Per questo esistono apprendistati, tirocini, visite guidate per studenti e formazione in azienda, oltre a manuali e libri di testo. Ogni cultura si preoccupa di educare i propri giovani affinché questi possano a loro volta praticarla e trasmetterla completamente.
Per Jacobs, il principio attorno al quale si gioca la trasmissione di una cultura è Use It or Lose It. Il passo è breve fra perdere consuetudine con uno strumento e diventare incapaci di riconoscerlo e utilizzarlo. Lo stesso vale per una abitudine, per una prassi, per le buone maniere o mandare le poesie a memoria.
Le culture, sostiene Jacobs, sono qualcosa di drammaticamente fragile e società apparentemente “vincenti” (come i Paesi occidentali) possono rapidamente trovarsi allo sbando, se non mantengono in utilizzo attivo, ben oliate per così dire, determinate prassi e istituzioni.
Il libro ruota su diversi capitoli, destinati ad altrettanti elementi della crisi dell’Occidente:
comunità e famiglia (i due aspetti sono così strettamente connessi che non possono essere considerati separatamente).
istruzione superiore
la pratica efficace della scienza e della tecnologia basata sulla scienza (anche in questo caso, le due cose sono così strettamente connesse da non poter essere considerate separatamente)
il settore pubblico e i poteri governativi direttamente collegati con le esigenze e le possibilità
l’autoregolazione da parte delle professioni più colte.
Verrebbe facile pensare che sia un libro “conservatore”, In realtà Jacobs aveva un background “progressista” ed era un’eclettica, una battitrice libera. Nel libro troverete sciabolate contro il neoconservatorismo così come il marxismo, in nome di uno spirito pragmatico che è l’esatto contrario del “pragmatismo” continuamente brandito dai politici: non, cioè, un assegno in bianco alla leadership del momento ma un richiamo a “leggere” la società, a indagarne bisogni e desideri, prima di imporle soluzioni dell’alto. Da questo punto di vista, pensando al dibattito di oggi (se dibattito si può chiamare), in Italia come in America, il libro sembra scritto mille anni fa.
Uno dei capitoli più densi è quello sulla trasformazione dell’industria dell’istruzione. “Una laurea e un'istruzione non sono necessariamente sinonimi. Fornire credenziali, e non un’educazione, è diventata l'attività principale delle università nordamericane”. Il “credenzialismo”, la distribuzione di titoli, per Jacobs è il figlio dell’obiettivo politico della piena occupazione, a sua volta figlio dell’esperienza di straniamento e “rigetto” che accompagnava la disoccupazione durante la grande depressione. Da principio non ha fatto danni l’abitudine ad associare un lavoro a un titolo specifico, ma poi le università ne hanno fatto un’autentica industria, tentando di accademizzare qualsiasi mestiere e distribuendo titoli con una promessa implicita (spesso irrealizzabile) di occupabili e successo professionale. Ma “uno stemma non certificava che il suo possessore fosse in grado di brandire un arco o un'ascia da battaglia. Non era questo lo scopo”.
Per Jacobs, l’emergere delle città sulla scena della storia si deve in parte ai principi di sussidiarietà (il governo che governa meglio è il più vicino alle persone di cui è al servizio) e di responsabilità fiscale (le istituzioni che raccolgono e spendono il denaro delle tasse funzionano in modo più responsabile quando sono trasparenti per coloro che forniscono il denaro). Questi due principi “sono pressoché scomparsi del mondo moderno”, scriveva Jacobs nel 2004, e chissà che scriverebbe oggi.
Vale la pena di salutarci con un pensiero illuminante quanto deprimente.
Praticamente tutti gli ideologi, di qualsiasi tipo, sono timorosi e insicuri, ed è per questo che sono attratti da ideologie che promettono risposte prefabbricate per tutte le circostanze. Ogni società contiene persone di questo tipo. Ma possono esercitare un potere considerevole solo quando controllano i cordoni della borsa pubblica, che sono soggetti ai principi di sussidiarietà e responsabilità fiscale.
Jane Jacobs, Dark Age Ahead, New York, Vintage Books, 2005, pp. 256.