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All’alba dei suoi novantanove anni, Henry Kissinger pubblica questo libro dedicato a sei leader, raccontati attraverso i suoi incontri, l’esperienza che egli ne ha fatto in prima persona, e nello stesso tempo “riletti” a distanza di anni, pensando alle loro biografie e ai loro successi, alle conseguenze di lungo termine delle loro azioni.
Il libro è straordinariamente ben scritto e appassionante. A cominciare dal racconto di Kissinger (che ancora non era “Kissinger”) con un Konrad Adenauer al massimo del suo splendore e del confronto che ebbe con lui sul rapporto con Kennedy. Il ricordo di Adenauer serve a Kissinger, che allora era un giovane accademico, come primo passo per provare a comprenderne la storia, da quando era sindaco di Colonia all’ascesa dopo la seconda guerra mondiale. A un lettore liberale sembrerà che Kissinger ignori con troppa facilità Ludwig Erhard, prima ministro dell’economia e poi cancelliere. Ma le figure che egli passa in rassegna gli servono per tirare altri fili. E’ che cosa significa essere capo, nel particolare contesto di una moderna democrazia e rispetto alla trama sempre intricata dei rapporti fra Stati, che gli interessa.
Si può essere leader in tanti modi. Poche figure sono più lontane di Charles De Gaulle e Richard Nixon. Dell’uomo di cui Churchill disse, sospirando, “Ognuno ha la sua croce, io ho la croce di Lorena”, Kissinger sottolinea la straordinaria fiducia in se stesso, quella che lo portò a immaginarsi una Francia di “resistenti” con a capo se stesso. Nixon, il leader col quale Kissinger ha avuto il rapporto più stretto, è invece costantemente roso dal dubbio, tormentato dal giudizio di coloro che meno lo apprezzavano. Aveva un rapporto complesso, scrive Kissinger, con il suo “spettatore imparziale”, per dirla con Adam Smith. L’insicurezza di Nixon è quella di chi, venuto dal nulla, non è mai sicuro di cosa sia appropriato in diversi contesti e se ne lascia ossessionare, facendosi divorare, col tempo, dal dubbio e dalla paura. Ma il suo antico amico e consigliere (che Nixon andò a prendersi senza troppi scrupoli fra i consiglieri dell’ex avversario Nelson Rockefeller) ricorda l’intelligenza e la lucidità di un Presidente di cui, più che il Watergate, “resta” la straordinaria apertura alla Cina.
Kissinger si occupa da sempre di politica internazionale ed è quello il metro su cui misura i suoi leader. Le loro decisioni più ponderate e quelle più istintive. Il suo regolo è un realismo lucido ed equanime al tempo. Nel lungo periodo non siamo tutti morti e le conseguenze delle azioni, di quelle giuste come di quelle sbagliate, si misurano negli anni e nei decenni.
Questo libro è un’ottima occasione per smaltire i pregiudizi su Kissinger. Un uomo con cui la storia ha un debito, anche solo per il viaggio di Richard Nixon in Cina. E' il caso più unico che raro di un accademico prestato alla politica che non perde il gusto di studiare, che riesce a guardare con distacco anche ciò a cui ha direttamente partecipato. Un “adulto nella stanza”, del tipo di cui oggi si avverte così tanto la mancanza.
Henry Kissinger, Leadership: Six Studies in World Strategy, New York, Penguin, 2022, pp. 528I