In linea di massima, dai libri che ti annunciano che qualcosa “può cambiarti la vita” è meglio stare lontani. Invece questo saggio di Wynton Marsalis, uno dei maggiori jazzisti contemporanei, è una meraviglia, pagina dopo pagina.
Forse sarebbe meglio cominciarlo al contrario: cominciando dalla fine. Il penultimo capitolo ci regala i ritratti di tredici maestri, da Louis Armstrong a Marcus Roberts, con tanto di mini-discografia selezionata. Marsalis ce li racconta col gusto di fare emergere non solo i meriti artistici ma anche il lato umano, la perseveranza di Coltrane, la gioia di vivere di Ellington.
Proprio Ellington ha detto che "If jazz means anything, it is freedom of expression.” Il libro di Marsalis spiega meglio di qualsiasi altro che cosa volesse dire. L’elemento caratteristico del jazz è la spontaneità, ma non nel senso che “basta prendere un sax e soffiarci dentro”, come sostenevano i beatnik (“la musica non ha significato per questi individui”). Ma nel senso che quando i musicisti si incontrano “devono ascoltare e comunicare. Non avendo la più pallida idea di quello che gli altri stanno per improvvisare, siete obbligati ad ascoltare”.
Il jazz, per Marsalis, si basa sullo scambio, sul trovare qualcosa nell’altro e dargli in cambio qualcosa di nostro, sulla difficoltà di costruire un dialogo fra diversi. Se “due membri della sua orchestra non si sopportavano”, Ellington “assegnava loro gli assolo uno dietro l’altro e guardava quel che succedeva”. Il jazz, “il più elevato contributo artistico dell’America”, è assieme il massimo dell’individualità e un tentativo di “far funzionare le cose insieme ad altri”, non sulla base di ordini dettati da chissà chi o di un programma calato dall’alto, ma con tutta l’immaginazione che consente la reattività alle mosse degli altri, nel contesto di una grande conversazione in musica. “E’ l’arte di negoziare le variazioni con stile”.
Wynton Marsalis, Come il jazz può cambiarti la vita(2008), Milano, Feltrinelli, 2009, pp. 168