Banche centrali e viaggi nel tempo
Credo che se potessi viaggiare nel tempo di una quindicina d’anni e mettere in guardia il me stesso più giovane sulle più rilevanti minacce alla libertà individuale emerse in questi ultimi anni, non riuscirei a convincerlo che il dialogo col se stesso più vecchio è altro che un brutto segno.
Quindici anni fa esisteva già il “politicamento corretto” ma chi avrebbe immaginato che potesse diventare una minaccia così pervasiva alla libertà di parola, per giunta nelle università, templi nei quali non c’erano mercanti ma neppure censori?
Le società occidentali avevano risposto alla minaccia del terrorismo islamico con alcune limitazioni della libertà individuale e da allora ogni volta che andiamo in aeroporto dobbiamo sbarazzarci di qualsiasi bottiglietta che conta più di 100 ml di liquido, apparentemente l’arma segreta degli aspiranti dirottatori. E tuttavia il me stesso del 2006, pur non avendo un’alta opinione della democrazia italiana, mai avrebbe creduto che il governo del suo Paese potesse chiuderlo in casa o obbligarlo a portare una mascherina quando va a fare lo shopping di Natale.
La libertà di parola e la libertà di movimento ci sembravano, allora, molto più salde di tante altre e non avremmo mai immaginato potessero venir messe in discussione.
Al contrario, già in quegli anni c’era una certa preoccupazione per l’andamento delle finanze pubbliche. Ma il problema ci sembrava più italiano che globale. La Banca d’Italia, per quanto già liberata dal fardello dell’emissione di moneta, era generosa di sermoni rispetto all’andamento del debito pubblico. Le banche centrali sarebbero state di lì a poco chiamate alla prova della crisi finanziaria, che esistesse la “Greenspan Put” già si sapeva e qualche esperto metteva in guardia dalle sue conseguenze inintenzionali, ma di tutte le istituzioni delle società aperte le banche centrali erano quelle più sensibili alle preoccupazioni degli economisti e, in qualche modo, sul modello della Bundesbank, si pensava dovessero fare il Grillo Parlante di Stati di per sé proni ad aumentare le spese.
Oggi abbiamo a che fare con un contesto assai diverso. Da una parte, le politiche monetarie non convenzionali degli ultimi anni hanno reso possibile (e, secondo alcuni, sostenibile) l’escalation della spesa pubblica negli anni della pandemia. Dall’altra, ciò che è avvenuto nell’ultimo anno si inserisce in un sentiero che era già tracciato e che vede gli istituti di emissione del mondo occidentale, la Fed e la Bce, essere diventati ormai “obbligazionisti di ultima istanza” nelle rispettive economie e interessarsi di questioni un tempo al di fuori del perimetro delle loro competenze, come i problemi del clima.
Ho scritto del tema su l’Economia di questa settimana. Milton Friedman sosteneva, nei suoi ultimi anni, che la reputazione delle banche centrali fosse esagerata, in quanto si trattava di istituzioni che in larga misura avevano fallito, più volte, nel tenere fede al proprio obiettivo fondamentale, assicurare la stabilità monetaria. Oggi siamo in una situazione molto diversa. Le “magie” degli ultimi anni hanno, almeno apparentemente, funzionato, senza che vi fosse quell’esplosione inflazionaria dalla quale pochi bastian contrari avevano più volte messo in guardia. Gli istituti di emissione sono sempre più “centrali”, anche nel contesto politico, e per questo si tende a guardare a loro con la speranza che tolgano tutte le castagne dal fuoco. Una delle ragioni per la loro reputazione è però la loro cosiddetta “indipendenza” dal potere politico. Quest’ultima è, in qualche modo, sempre sotto scacco. Può resistere nel momento in cui il loro mandato è chiaro e limitato. Più si allarga, più con la politica dovranno fare a patti. Anche per questo, forse, i due principali banchieri centrali del mondo sono un giurista con ampia esperienza nell’alta finanza come Jerome Powell e un’ex avvocato prestato con successo alla politica come Christine Lagarde.
Se davvero stiamo assistendo a un ritorno dell’inflazione, però, cosa faranno, l’uno e l’altra? Sapranno intervenire con la risolutezza che ci potevamo aspettare da personaggi che per lungo tempo avevano ragionato e lavorato sulla sempre elusiva natura della moneta? Forse verrà vendicata l’opinione degli scettici. Le banche centrali hanno messo tanta paglia al fuoco, illudendosi che, siccome era paglia bagnata, non potesse divampare un incendio. Vedremo.